In questi giorni si legge in rete di un altro caso di plagio perpetrato da un autore di fumetti professionista, che ricalca il lavoro di altri e ne trae guadagno, essendo di fatto quel materiale pubblicato, diffuso e pagato.
In questo caso specifico, colpisce soprattutto l'insistenza dell'autore "colpevole" nel copiare i disegni di colleghi, visto che sono state evidenziate quattro o cinque volte in cui la cosa si è ripetuta.
La cosa può portare a fare riflessioni di qualsiasi genere, sia sull'effettiva portata della cosa in termini di affossamento del rispetto da parte di un autore nei confronti dei suoi lettori e del suo datore di lavoro, sia sulla sproporzionata reazione da parte dei frequentatori dei forum, blog e social network che invocano la forca, sia sulle possibili conseguenze che la cosa in se' abbia sul malcapitato autore della maldestra furberia.
Escludo dalle possibili riflessioni l'incapacità da parte dei responsabili della pubblicazione dei disegni copiati, di riconoscere il plagio, visto che materialmente non è possibile vagliare l'originalità di tutto ciò che si pubblica, soprattutto quando, come nel caso della Bonelli, si pubblica roba a quintalate.
Secondo me per ciò che riguarda l'autore, la cosa in sè e associabile all'idea di "Suicidio sovrappensiero", cioè che nemmeno lui se ne è reso conto mentre lo faceva. Che facendo cioè una cosa spinto dalla noia e dall'abitudine avrebbe avuto a che fare con un casino di proporzioni inaspettate. Non si è reso conto di quanto è piccolo l'ambiente del fumetto in Italia, e di quanto velocemente può essere diffusa l'eventuale cazzata combinata.
Perchè la causa di una cosa del genere non può che essere la noia, non la furbaggine. L'astuzia non c'entra nulla e tanto meno la mala fede. Uno astuto non ruba facendo fumetti; dovrebbe provare a rubare investendo in forme imprenditoriali senz'altro più articolate: la Lega Nord in questi giorni ce ne sta dando un esempio.
Per lui c'era da mettere insieme i sette-ottocento disegni che costitutiscono i disegni dell'albo. Ancora una volta, dopo tante e tante volte. All'idea di quella mole la noia si è impossessata del suo corpo e della sua mano, che doveva disegnarli. A volte capita, molte altre volte no. Ma a volte capita.
Non giustifico in ogni caso, io rifletto. Perchè è interessante e perchè è un tema che ricorre ciclicamente nel nostro beneamato panorama.
Qualche volta è successo che anch'io partissi da materiale esistente, per arrivare ad un mio disegno che poi è stato pubblicato. Ho anche partecipato qualche anno fa, ad un progetto in cui si sollevò un polverone perchè uno dei disegnatori della serie aveva ricalcato paro paro Eduardo Risso.
Ma credo che nessuno nel nostro ambiente possa dire di non aver mai copiato, visto che chi fa il nostro lavoro deve produrre una quantità di materiale inimmaginabile da chi poi lo legge. Il nostro lavoro ha a che fare con la sfera della patologia, delle ossessioni compulsive, dell'autismo ed è normale che sia così.
Solo la follia può consentire certe cose. Una follia accettata e a volte applaudita. Tutti disegnano da piccoli, ma solo alcuni continuano a farlo tutti i giorni della loro vita. E arrivano dei giorni in cui si è meno folli del solito.
Questa non è tuttavia una giustificazione.
Si chiede coerenza, integrità, rispetto e creatività costante a tutti i disegnatori professionisti.
Da qui forse parte il furore degli appassionati di fumetto che frequentano regolarmente Facebook, i blog e i forum. E non parlo degli effettivi lettori e appassionati di fumetti, quelli veri, ma di una piccolissima parte che ogni giorno si riversa nei ricoveri virtuali, che sono una minima parte rispetto alla totalità.
Tutte le volte che però leggo le bestemmie lanciate da costoro sui poveri malcapitati che hanno commesso un fattaccio, provo un senso di vergogna e di imbarazzo, come se mi trovassi quasi sempre lontano dal centro della questione, ma con tutti che urlano, convinti del contrario. Provo disagio per usare un termine onnicomprensivo. Ma non riesco mai a capire il perchè di questo disagio.
C'è da dire che gli appassionati di fumetto internettaro hanno due o tre cose che li fanno incazzare a bestia, non solo il copiare. Uno degli argomenti principali dei "Flames" di internet, è quello secondo i quali il fumetto non è secondo a nessun altro mezzo di espressione artistica.
Guai cioè a paragonare letteratura e fumetto, dicendo che il fumetto è il figlio scemo della prima.
Guai a dire di essere "scrittori di storie" e non semplicemente "autori di fumetti"
Guai a portare in una discussione il termine "Graphic novel" perchè improvvisamente, ci si trova in un dedalo semantico di scuole e definizioni contrapposte (che termina quasi sempre con delle pernacchie stereofoniche) da cui sarebbe possibile uscire mai più.
Guai ad abbandonare il fumetto per transitare in mezzi di espressione più articolati (vedi il cinema) per poi dire che tutto sommato sono quasi meglio.
Ed è incredibile notare come quasi sempre, delle persone apparentemente miti, giocattolose, tutti emoticon e gif animate buffe, si trasformino improvvisamente in dei mostri che chiedono la testa (e le palle) di chi ha commesso l'errore di dire e usare il fumetto nel modo inadeguato.
Io cerco di guardare con obiettività l'errore di chi, come nell'ultimo caso, ha commesso il plagio copiando un altro autore. Cerco di capire cosa provo. Scavo nel profondo.
Niente da fare: l'astio, l'odio, non mi vengono proprio. Arrivo solo a provare un po' di pena per la mole di sfiga che lo ha portato a fare quella cosa. Per il disamore che, nel corso degli anni, è arrivato a provare per il suo stesso lavoro e mi impietosisco mentre ne immagino le ragioni. Ma all'odio, proprio non ci arrivo e forse è colpa mia.
Poi penso che il mondo è strapieno di gente che fa male il proprio lavoro e vorrei aprire dei forum per odiare tutti insieme i conducenti d'autobus che guidano col telefonino, i professori di storia dell'arte che fanno le lezioni in classe dettando l'Argan, alle impiegate di banca che chiudono lo sportello un ora per andare a fare la spesa al mercato il giovedì mattina, ai cuochi dei ristoranti che fanno arrivare in tavola gli scongelati da microonde e a molti altri.
Ma quei forum non esistono purtroppo, se no ci andrei subito. Ma anche li scattarebbe la commiserazione più dell'odio.
La verità è che gli autori di fumetti dovrebbero essere invisibili, come gli scrittori e i registi. Non si dovrebbe mai sapere come si fa ad arrivare a produrre qualcosa che permetta alla gente di sognare e di sentirsi altrove, perchè altrimenti il sogno diventerebbe banale almeno quanto la vita reale.
Non si dovrebbe sapere che un autore di fumetti arriva ad un idea mentre pulisce la lettiera del gatto, o quando guarda l'isola dei famosi.
Chi frequenta i luoghi virtuali per commentare queste cose, sembra più interessato al modo in cui una cosa si produce, che alla cosa in se'. Si vuole accostare all'autore non per farsi accompagnare da qualche parte con i suoi disegni e le sue storie, ma per vedere se ha le unghie sporche mentre disegna.
La cosa io la vedo così:
Se mi accorgo che un autore copia e la cosa mi da noia, il massimo della punizione che posso infliggere a quell'autore è non comprare più i suoi albi. Niente è peggio dell'oblio per un artista.
Ma se copiare è una cosa sbagliata, lo è altrettando unirsi alla rissa quando sono già in dieci a picchiare, e lo è ancora di più chiamare i rinforzi, perchè il bastardo respira ancora, e se non bastasse affiggiamo dei manifesti perchè così chiunque veda la sua faccia lo pigli a calci sul muso.
Ecco forse il motivo del mio imbarazzo.
3 commenti:
Pinco Pallo, è un bravo disegnatore.
Proprio perché lo è, si impegna e non riesce a produrre più di 8-10 pagine al mese per il più grande editore italiano.
E le produce con fatica.
E ha pure la sfiga di essere arrivato tardi a lavorare per quell'editore e, quindi, di essere pagato molto meno di altri, arrivati, prima.
Pallino, invece, non è un bravo disegnatore.
E' un miracolato, entrato a lavorare per il primo editore italiano per ragioni che nulla avevano a che spartire con la qualità del suo lavoro.
Non disegna: ricalca il lavoro di altri, camuffandolo.
E lo fa da sempre. Sin dall'inizio della sua carriera.
E viene pagato bene perché è entrato nel settore in un momento diverso e ha gli scatti di anzianità.
E lavora tanto, Pallino, al punto di essere uno dei disegnatori più produttivi della casa editrice.
Tutto lavoro ricalcato.
Un giorno Pallino viene beccato a ricalcare.
E' solo una piccola inezia rispetto a quanto ha ricalcato fino a questo momento.
Ma basta a far scatenare l'incazzatura di tanti.
Specie tra i suoi colleghi come Pinco Pallo.
E' una cosa ingiusta?
No.
Perché l'operato di Pallino è un insulto a tutti quelli che lavorano seriamente.
E pure a tutti quelli che vorrebbero lavorare, ma non ci riescono.
Minimizzare la cosa è fare come quei politici che coprono i loro colleghi corrotti.
Poi, per carità, se ne può discutere...
io non ho minimizzato la cosa. Ho utilizzato quel pretesto come spunto per una riflessione, visto che nel corso della mia breve esperienza professionale, mi sono imbattuto in cose simili più di una volta. Ho visto più volte disegnatori (esordienti e non) pigliare paro paro disegni esistenti e ricalcarli. In alcuni casi ho visto persone che fotocopiavano il lavoro altrui e facevano delle piccole modifiche con il bianchetto, giusto per dissimulare un poco.
io stesso, pur non arrivando mai cose così plateali, sono partito da disegni esistenti per farne altri miei.
Il mio punto di vista te l'ho esplicato su Facebook, dicendo che non ho alcun interesse nel cercare un giustizialismo o nel promuovere la meritocrazia nel mio settore; ma il fatto che tu mi dica che chi cerca la moderazione fa come i politici disonesti che si coprono a vicenda, mi dimostra che non hai la misura della cosa. Fare il disegnatore non è fare il politico. Io non ho la responsabilità della vita degli altri e non mi interessa averla. La mia unica responsabilità è quella di dare al lettore qualcosa con cui divertirsi o al massimo riflettere. Forse sei più tu quello interessato a fare dei comizi, per far sapere agli altri il giusto modo di agire in una determinata situazione. Io non ho questa presunzione.
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