domenica, luglio 28, 2013

E' tutto a posto. Tutto normale.

Non mi disgusto facilmente. Nonostante questo non riesco a togliermi dalla testa i continui attacchi che sta subendo il Ministro Kienge. Non ce la faccio proprio.
Penso due cose , vedendo ciò che accade: la prima è che in un certo senso mettere un ministro di origini africane nel nostro parlamento, sia stato un colpo di genio, perché allo stesso modo dell'aver messo una trappola per topi con un bel pezzo di formaggio, tutti i ratti che infestavano il nostro appartamento stanno uscendo allo scoperto, ufficialmente.
La seconda è il rendermi conto che la cosa non mi da sollievo. L'avere la conferma definitiva che il nostro è un popolo infestato da idioti, profondamente immaturo, con valori culturali e di comportamento tardo Medioevali, non mi fa sentire bene. E non parlo solamente delle questioni legate al razzismo.
Io provengo da una regione in cui certi valori legati alla territorialità sono piuttosto radicati, per usare un eufemismo. Le vicende legate al Ministro, mi toccano parecchio per il semplice motivo che conosco bene la genesi di un razzista, so come si fa a diventarlo. La cosa agghiacciante è scoprire che poi queste persone non si sentono assolutamente razziste, ma credono solo di agire secondo buon senso, o per attaccamento a tradizioni familiari. Quando basterebbe aprire un giornale, leggere un libro, informarsi per vedere che la realtà non è quella che senti bisbigliare dai compagni di scuola, dai colleghi di lavoro, o dalle "signore" che incontri in chiesa, ma nessuno lo fa. E' tutto incredibilmente semplice, innocuo (consueto, per così dire) e per questo pericolosissimo.
Io penso o voglio credere, che dopo qualsiasi medio evo, arrivi anche un Rinascimento.
Tuttavia non so in che modo gli artisti o chiunque altro faccia cultura in questo paese, possano produrre ancora sensibilizzazione reale verso certe questioni o se non altro suggerire le modalità secondo le quali un paese possa crescere, possa appropriarsi dell'idea che la cultura, l'apertura verso l'esterno sono le sole cose che diano forza e identità ad una nazione.
In linea di massima, credo che la maggior parte delle persone che fanno cultura in Italia, siano vili o opportuniste e credo che sia per questo che molto di ciò che succede in questo ambito non pigli piede. Sono così non perché l'ambiente richieda questo, ma perché dopo generazioni di indifferenza da parte di chiunque, chi riesce ad ottenere qualcosa e avere voce, non rischia mai, per non perdere le posizioni ottenute con tanta fatica, o peggio per non raggiungerle mai.
Tra i vili, mi ci metto anch'io, ci mancherebbe. Credo anche che non serva molto coraggio per dire che i fascisti e i razzisti sono delle merde. In fin dei conti faccio parte della generazione che è venuta su pensando che Mtv fosse cultura.
Credo invece serva coraggio per fare qualcosa di significativo che porti questa gente, a cambiare idea. Servono fatica e lavoro per dimostrare "l'ovvio" è sempre stato così.

giovedì, luglio 18, 2013

fase due: pensare e forse disegnare

La lettura del faldone rilegato è compiuta, il pacchetto di patatine svuotato, la stanza è colma di intensità come forse avrebbe voluto Gino Paoli.
Ho preso due appunti due su delle idee per visualizzare una scena, che forse eluderò perché non mi convincono niente. Questo è un buon segno perché significa che la storia mi è piaciuta.

Cosa succede adesso?
Da dove sgorga quel flusso-di-incontaminate-emozioni-che-guidano-la-mano-dell'artista-sul-foglio-pronto-a-raccogliere-nitide-le-tracce-di-eternità-che-in-quel-loco-vorrà-imprimervi-tramite-inchiostro?
Da ggiovine tutte le volte che osservavo i professionisti navigati disegnare una storia pensavo questo, chiaramente in termini diversi. Mi chiedevo : "come cazzo fanno?"

Nelle osservazioni, nei dialoghi con queste persone, con questi "maestri", forse cercavo di alimentare la mia naturale pigrizia nel non voler trovare soluzioni, ma sempre e solo rimediare scorciatoie: la strada in salita, diciamolo, ha sempre fatto schifo a tutti. "Spiegami un trucco: dimmi come si fa a fare in dieci minuti un ponte in prospettiva. Dimmi se esiste un modo per disegnare un corpo umano anatomicamente coerente già da domani mattina."
Ma se nei maestri qualcosa ci arriva ad essere utile, é il loro non rispondere mai alle nostre domande.
E allora come ci si prepara? Come si affronta il disegno di una storia a fumetti? Da dove si comincia?
Facciamo delle ipotesi: mettiamo si  tratti di un flusso di coscienza ammaestrato, di una danza di scimmie in una stanza priva di gravità, o come mi aveva detto qualcuno (di importante per me), un dialogo con se' stessi nella galleria del vento. Componenti meccaniche che addestrano il caso, la fortuna, il talento, e altri elementi intangibili.

La tecnica, l'ispirazione, la preparazione atletica, la disposizione filosofica, l'essere pronti al sacrificio, l'essere vuoti e colmi allo stesso tempo, amare, odiare, aver visto cinquantamila film, aver ascoltato duecentomila dischi, aver visto mostre inutili in posti remoti (Anthony Caro, "Il Giudizio Finale", su uno degli isolotti satellite di Venezia), rendersi conto che nulla è inutile, e allora cercare cose ancora più inutili, ancora più remote, ostinatamente di parte nel non voler essere di parte. E ancora leggere Roland Barthes, leggere i porno e la Settimana Enigmistica, leggere Toppi. Vedere una strada possibile in Toppi e scoprire che è un vicolo cieco, sfogliare le riviste di psicologia dell'arte, trovare altri vicoli ciechi.
Fare musica, fare sesso, fare la spesa, fare commissioni inutili, fare ginnastica, fare continui atti di fede senza che nessuno se ne accorga, mentre lo fai. Fare.
Nascondersi per vedere se poi è vero che  si è più attraenti da trovare.
Conoscere la morte di una persona cara, accettarne il peso di una seconda di lì a poco. Vedere un coperchio appena sopra il cielo come diceva quell'idiota di Baudelaire, accettare quella visione. Rifiutare quella visione e ripartire come se si avesse risolto.
Convincersi che la realtà non è altro che uno specchio, che uno specchio non è che la finestra di casa da cui si scruta fuori, osservare il paesaggio e scoprire  che qualsiasi paesaggio è un volto.
Riconoscersi in quel volto anche se non è il proprio, amare quel volto.
E ancora perdersi, inutilmente ritrovarsi, e attorno a se' scoprire ancora una volta il mondo, così difficile da prendere, così impossibile da trattenere.
Se esiste un modo per dare una senso coerente a tutto quell'insieme informe di cui sopra e conseguentemente vedere chiaro su ciò che si deve fare, io non lo troverò mai, mi dico sempre.
Fare pulizia, cercare ordine non serve a nulla se non si ha nulla di significativo da organizzare. Studiare, informarsi, accumulare e immagazzinare non serve a nulla se non si hanno capacità organizzative che portino alla visione di un progetto, se non si ha discernimento.

Ordine e discernimento sono parole che non hanno mai fatto parte del mio vocabolario. Nonostante questo, il mio coglionissimo spaesamento di sempre mi serve per partire a disegnare. Lo sperare che ancora una volta io non venga tradito o ingannato da me stesso, dalla mia vanità soprattutto, è un ulteriore sprone.  La paura c'è e anche quella va bene che ci sia, ma non deve prendere troppo spazio, altrimenti si rischia di sfociare nella vanità di cui sopra.

Ok, gli strumenti sono pronti, e non sto parlando di matite, inchiostri vari e altre cazzate simili.





lunedì, luglio 08, 2013

fase uno: Stampa della sceneggiatura


Forse terrò un diario, forse no. In ogni caso, ora avrei una buona ragione per farlo: da qualche tempo sono un disegnatore della Bonelli. Almeno finchè non si accorgono di aver fatto una cazzata e mi sbattono fuori, dicendo che mi avevano scambiato per un altro. Devo fare uno dei loro fumetti. Se il vento tira dalla parte giusta, ne scriverò.

Quando mi arrivò il file della sceneggiatura ho subito voluto avere il faldone rilegato con una di quelle merdosissime dorsette ad anelli che usano per le dispense all'università, che pure quando facevo l'università ho sempre odiato a morte, perché mi facevano subito pensare a tutte le ore che ci avrei sprecato sopra invece di fare qualcosa di più utile, tipo drogarmi o fare volantinaggio per un "pizza Drin".

A pensarci bene, quando facevo l'università (L'Accademia o quello che è) ho fatto proprio le consegne in motorino per un "Pizza Drin". Me ne andavo su e giù qualunque fossero le condizioni atmosferiche globali, portando delle pessime pizze da forno elettrico a dei pessimi vicentini che se le mangiavano di gusto: mille lire a pizza consegnata. Ci pagavo giusto la miscela. Poi ho smesso, la sera che mi rifiutai di uscire in motorino perché Eolo, Zeus e Nettuno avevano deciso di scagliare tutta l'acqua dell'universo su di noi poveri mortali.
Feci le consegne con la Panda del pizzaiuolo capo, ma al ritorno vidi che il mio motorino, all'incrocio vicino alla pizzeria, era stato prestato ad un altro sfortunato consegnatore, che nella sua euforia giovanile aveva bene pensato di schiantarsi contro una Mercedes. 

Comunque. Per la dispensa della Bonelli, ho scelto la peggior copisteria del mio quartiere. Un luogo che non sfigurerebbe in quella trasmissione sugli accumulatori compulsivi, gestito da una signora incazzatissima e dalla figlia (di un'età indefinibile, tra i sedici e i quarantaquattro anni). Entro lì di norma per chiedere delle cose difficilissime e piccolissime da reperire, per sfidare quelle due a trovarle sotto le cataste di monnezza che loro sostengono essere un negozio di articoli di cancelleria. Aspetto che una nutria esca fuori da una scatola di evidenziatori, tipo giocattolo a molla. Che un avanzo di carbonara spunti dal cassetto delle spillatrici. 
Sono andato lì perché sostanzialmente me la voglio tirare. Mi sono detto "come minimo uno al mio posto, con la prima sceneggiatura importante per la Bonelli, se la va a far stampare in carta filigranata a Fabriano, come minimo. Se la fa rilegare in pelle di bufalo, si fa mettere una sopraccoperta di piume di fenicottero della Camargue. Io No! Cristo! Io vado nella copisteria di merda per ostentare un profilo basso!"
La figlia pazza della copisteraia, disincastrando un monitor a fosfori verdi dalla macchina per rilegare, mi dice " gliene metto una solida di molla, chissà quante volte  dovrà sfogliarla, la sceneggiatura….
Anche lei sapeva dunque che io sono uno lento. Non capirò mai come ha fatto a scoprirmi, ma lo sapeva. Probabilmente è una che segue i blog, una che sta su internet. Si sarà appuntata il titolo della storia e mi aspetterà al varco per vedere quanto ci metto a disegnarla tutta. Forse è addirittura una dei pezzi grossi del forum della serie. Forse ha già scritto da qualche parte che l'albo farà schifo al cazzo e che sono quindici anni che non legge più una storia decente su quella testata.
In ogni caso esco dalla copisteria, la porta si chiude maestosa con le due tipe che mi fissano immobili, risucchiate nell'oscurità.
Prima di andare a casa, acquisto delle patatine tipo Dixi, come supporto morale per la lettura.
Mi dico che la prima lettura è la più importante. Che i disegni che infili nella storia li hai già in testa alla prima lettura e quelli rimangono. Quello è l'imprinting, tipo che devi stare davanti all'uovo di drago per fare in modo che quando si schiude ti consideri la sua mamma per sempre e spappoli i tuoi nemici senza farsi troppe domande. Mi dico che spero di avere i disegni giusti nella testa. 
Forse devo prendere appunti mentre leggo.  Forse mi devo iscrivere in piscina perché ho 37 anni e conduco una vita sedentaria fumando e mangiando Dixi.

Comincio a leggere.